RICERCATORI DELL’UNIVERSITA’ DI PISA INDIVIDUANO LA ZONE DEL CERVELLO CHE REGOLANO LO STALKING

L'Eco del Monte e del Padule 14 Gennaio 2013 0
RICERCATORI DELL’UNIVERSITA’ DI PISA INDIVIDUANO LA ZONE DEL CERVELLO CHE REGOLANO LO STALKING

Ai comportamenti deviati e talvolta inspiegabili che portano persone altrimenti rette ed equilibrate al reato di stalking pare esserci una spiegazione clinica. E’ il risultato che emerge da un’approfondita e circostanziata ricerca condotta “quasi” in casa nostra. Lo stalking (angicismo che comprende tutta quella serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affligge un’altra persona, perseguitandola e generandole stati di ansiae paura, che possono arrivare a comprometterne il normale svolgimento della quotidianità) può derivare da una gelosia delirante causata da uno squilibrio mentale. E’ il risultato di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa, pubblicato sulla rivista CNS Spectrums della Cambridge University Press.

Legati a tale squilibrio ci sarebbero anche altri comportamenti aggressivi estremi come il suicidio o l’omicidio. Secondo i ricercatori Donatella Marazziti, Michele Poletti, Liliana Dell’Osso, Stefano Baroni e Ubaldo Bonuccelli, chiarisce una nota dell’ateneo pisano, “le radici neuronali della cosiddetta ‘sindrome di Otello’ si troverebbero in un’area della corteccia frontale, una zona del cervello che sovrintende complessi processi cognitivi e affettivi”.

Grazie a un modello teorico elaborato dagli scienziati osservando pazienti schizofrenici, alcolisti e malati di Parkinson, nei quali sono molto comuni le manifestazioni di gelosia delirante, spiega Marazziti, è stato possibile raggiungere i primi dati, ma avverte la ricercatrice, “l’indagine empirica delle basi neurali della gelosia è solo all’inizio e ulteriori studi sono necessari per chiarirne le radici biologiche”.

Se infatti, sottolinea, “la gelosia è un sentimento del tutto naturale, il punto è individuare lo squilibrio biochimico che trasforma questo sentimento in un’ossessione pericolosa”. La speranza, conclude Marazziti, è che “una maggiore conoscenza dei circuiti cerebrali e delle alterazioni biochimiche che sottendono i vari aspetti della gelosia delirante, possa aiutare ad arrivare a un’identificazione precoce dei soggetti a rischio”.

Fonte: ANSA

Gonews

 

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