10 FEBBRAIO, “GIORNATA DEL RICORDO”. NESSUNA CERIMONIA PER LE VITTIME DELL’ODIO ETNICO E POLITICO SLAVO ???

L'Eco del Monte e del Padule 8 Febbraio 2013 0
10 FEBBRAIO, “GIORNATA DEL RICORDO”. NESSUNA CERIMONIA PER LE VITTIME DELL’ODIO ETNICO E POLITICO SLAVO ???

Appena smaltita l’eco della commozione conseguente ai numerosi appuntamenti per le celebrazioni della “Giornata della memoria” (rappresentazioni teatrali, concerti, manifestazioni, ecc…) a perenne cordoglio per le vittime della follia criminale nazista ed a monito imperituro per le nuove generazioni acciocchè tali barbarie non abbiano a ripetersi in futuro, il 10 febbraio un’altra data dovrebbe spiccare nelle agende delle Amministrazioni locali per il “Giorno del Ricordo” delle migliaia di vittime infoibate in virtù di quel cieco odio etnico/politico/nazionalista slavo che tanti innocenti ha provocato anche in tempi a noi più drammaticamente vicini (guerra civile dei Balcani degli anni ’90).

            

Vorremmo fortissimamente essere smentiti, ma girovagando sulla rete e per gli uffici dei vari comuni (così come nei locali pubblici più frequentati) NON ABBIAMO VISTO un solo manifesto o avviso informativo che richiami l’attenzione dei cittadini  sull’importanza dell’evento.

Troppo a lungo caduto nell’oblio, addirittura smentito da gran parte di una storiografia falsa e tendenziosa, l’orrore delle foibe colpì un numero imprecisabile di vittime; a causa della succitata teoria negazionista portata avanti per decenni dal regime di Tito con la colpevole connivenza di presunti autorevoli studiosi al soldo di una fazione politica, esse sono quantificabili tra le 15.000 (dato fornito dalle stesse autorità jugoslave) e le 30.000 (stima italiana), a cui vanno aggiunte le sofferenze patite da un altro numero altissimo di italiani costretti a fuggire dalle loro case in Istria, in Dalmazia, da Gorizia o Trieste per evitare la furia delle milizie comuniste jugoslave.

La ricorrenza del “Giorno del Ricordo” è sancita dalla Repubblica Italiana, con apposita legge (votata a larghissima  maggioranza dal Parlamento, solamente una ventina tra senatori e deputati – tutti appartenenti alle frange più reazionarie dell’ultrasinistra si pronunciarono contrari, meritando il biasimo unanime di tutte le forze politiche) del 30 marzo 2004, di cui riportiamo un estratto:

« La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata […] sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero. » (legge 30 marzo 2004 n. 92)

 

    

E’ altresì importante l’autorevole testimonianza del gruppo di studio internazionale appositamente istituito per far chiara luce sulla drammatica serie di eccidi, così come e doveroso sottolineare come le polemiche susseguenti all’istituzione della ricorrenza siano state a più riprese affogate nella vergogna dalle reprimende delle più alte istituzioni internazionali. Emblematica circa le tendenze ideologiche dure a morire con le quali viene vissuta questa data, è la vicenda che vide protagonisti il Presidente croato Stjepan Mesic che nel 2007 criticò il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano (di cui è ben nota la storia politica e ideologica…), accusandolo di “aver usato espressioni razziste, revisioniste e revansciste” in occasione del suo discorso celebrativo;  ad una rapida e forte critica da parte dell’Unione Europea l’allora Presidente croato smentì le proprie affermazioni, asserendo di “essere stato male interpretato”.

 

« Tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti ed appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui confluivano diverse spinte: l’impegno ad eliminare soggetti e strutture ricollegabili ma anche al di là di comprovate responsabilità personali al fascismo o al collaborazionismo ed allo stato italiano tout-court, assieme ad un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell’avvento del regime comunista, e dell’annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo. L’impulso primo della repressione partì da un movimento rivoluzionario che si stava trasformò ben presto in regime repressivo, convertendo quindi in violenza di Stato l’animosità nazionale ed ideologica ampiamente diffusa e tollerata nei quadri partigiani. »
(Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, Relazioni italo-slovene 1880-1956, “Periodo 1941-1945”, Paragrafo 11, Capodistria, 2000)

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