LE TEORIE DEL PROFESSOR HAPGOOD; MAI SMENTITE, MAI CONFUTATE, MAI ACCETTATE. EPPURE ESSE POTREBBERO RISCRIVERE LA STORIA…

L'Eco del Monte e del Padule 12 Maggio 2013 0
LE TEORIE DEL PROFESSOR HAPGOOD; MAI SMENTITE, MAI CONFUTATE, MAI ACCETTATE. EPPURE ESSE POTREBBERO RISCRIVERE LA STORIA…

Una dissertazione sull’argomento talmente scomoda da non essere mai stata confutata. Uno studio profondo, serio e documentato che ha avuto il solo torto di non allinearsi con quanto stabilito – ed ormai pietrificato per chissà quanto tempo ancora – dalla scienza ufficiale.

CHARLES H. HAPGOOD  

Sono queste le peculiarità che più emergono dalla lettura della misconosciuta teoria della “dislocazione della crosta terrestre”, elaborata dal compianto Professor Charles H. Hapgood (1904-1982) e pubblicata originariamente nell’ormai lontano 1958 nel libro “Earth’s Shifting Crust: A Key to Some Basic Problems of Earth Science“ (pubblicazione riportante l’appassionata e convinta prefazione di Albert Einstein, grande ammiratore dell’opera di Hapgood).

ALBERT EINSTEIN, grande assertore delle teorie di Hapgood.

La teoria è talmente semplice da poter essere illustrata con una similitudine assai frequentemente usata dallo stesso Hapgood nelle sue rare dissertazioni in ambito accademico. Sulla base di osservazioni ricavate dagli studi compiuti nel corso della sua carriera di Professore Ordinario di Antropologia e Storia della Scienza in prestigiose Università americane, ad Hapgood risultò evidente che l’intera storia della Terra abbia subito numerosi eventi di portata talmente sconvolgente da trovare spazio nei miti ricorrenti tra le più diverse e disparate civiltà dell’antichità (diluvi, punizioni divine, creature e popolazioni leggendarie, ecc…).

Due diverse ipotesi della preistorica collocazione del polo sud

E sulla scorta del pensiero secondo cui “il mito presenta sempre un fondo di verità” – successivamente tradotta in riferimento ad argomenti correlati anche se non propriamente coincidenti nella dotta ed interessantissima pubblicazione di Giorgio de Santillana ed Herta Von Dechend Il mulino di Amleto -, Charles H. Hapgood elaborò la seguente storia passata della terra: i poli del pianeta tendono a spostarsi nel tempo (dato accertato anche dalle misurazioni della polarità presente nel magnetismo delle rocce), essi sono stati, e saranno in futuro, in posizioni ben diverse da quelle attuali.

La “mappa di Piri Reis” (il nord in alto). Uno dei più famosi sostegni alle teorie di Hapgood sviluppate in “Maps of the ancient sea kings”.

La rivoluzione del pensiero di Hapgood sta nel fatto che, a differenza della quasi totalità della comunità scientifica che colloca tali spostamenti in un arco temporale molto lungo (migliaia, se non decine o centinaia di migliaia di anni prima di avere un risultato apprezzabile), per motivi ancora non chiari ma meritevoli di un serio approfondimento (interrotto dalla prematura morte del Professore in un incidente stradale nel 1982), lo spostamento dei poli può avvenire anche in maniera improvvisa e repentina. Un po’ come se immaginassimo la Terra come un’arancia (e qui torniamo alla similitudine di poc’anzi), dove la polpa rappresenta il nucleo, il mantello ed i vari strati sotterranei del pianeta e la buccia la crosta; proviamo ad immaginare (come è in realtà) la crosta che “galleggia” sugli strati sottostanti fluidi o semifluidi, come se staccassimo la buccia dalla polpa dell’arancia. A causa di forze non ancora comprese a fondo – collegabili alle maree che agirebbero sulle masse acquee del globo rendendolo assimilabile ad un giroscopio – lo spostamento subitaneo della crosta terrestre porterebbe, oltre agli sconvolgimenti derivati dai terremoti di inaudita potenza ne deriverebbero, interi continenti a latitudini distanti anche di migliaia di chilometri da quelle occupate fino ad allora. Le conseguenze sono presto immaginabili: regioni che avevano prosperato in un clima mite di tipo mediterraneo, si ritroverebbero di colpo proiettate a latitudini artiche o equatoriali e gli effetti sulla flora, la fauna e le società eventualmente presenti sulla superficie ne sarebbero sconvolte.

Il destino di questa teoria è stato fino ad oggi curiosamente simile a quello che attese la “deriva dei continenti” di Alfred Wegener. Anche il pensiero del geologo, meteorologo ed esploratore tedesco non fu considerato degno di considerazione dagli scienziati del tempo (1912) quando le teoria fu presentata alla comunità internazionale, e fu solamente a partire dagli anni ’30 che si iniziarono a cercare in maniera sistematica le forze che avrebbero spinto le zolle tettoniche a spostamenti lentissimi ma irrefrenabili, fino ad una completa accettazione della dottrina di Wegener.

Il pensiero di Hapgood, tanto sconvolgente da minare i fondamenti stessi di tante discipline scientifiche, avrebbe paradossalmente un impatto ben più profondo su una materia che di scientifico (assumendo in questo caso il significato di “certo, immutabile”) ha ben poco. La storia antica dell’umanità andrebbe rivisitata profondamente, e forse è per questo che tanti “parrucconi” accademici, ancorati alle teorie da essi propugnate per tutta una vita, si rifiutano tuttora non solo di confutare, ma anche di esaminare le idee di Hapgood.

Ma c’è un particolare ancor più inquietante che circonda tutta la vicenda: il coinvolgimento nella disputa di alcuni personaggi (scrittori, saggisti, autodidatti, pseudoscienziati) che, pur apportatori di spunti interessanti, hanno osato accostare ai concetti dello storico della scienza americano la parola ATLANTIDE…

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