COME VESTIVANO GLI ANTICHI ROMANI ? CURIOSITA’ E CONSIGLI IN VISTA DEI “BIENTINALIA” DI VENERDI’ 21 GIUGNO

L'Eco del Monte e del Padule 20 Giugno 2013 0
COME VESTIVANO GLI ANTICHI ROMANI ? CURIOSITA’ E CONSIGLI IN VISTA DEI “BIENTINALIA” DI VENERDI’ 21 GIUGNO

Come si vestivano gli antichi romani?

La notte e il giorno si usavano abiti chiamati “indumenta”; mentre dedicati solo al giorno erano gli “amictus”.

Per gli uomini gli Indumenta erano costituiti dal Subligaculum un perizoma di lino che annodavano in vita, sopra indossavano la toga o la tunica, usata soprattutto in età imperiale, che consisteva in due tagli di stoffa che venivano cuciti insieme, quando se la mettevano la legavano in vita lasciando la parte avanti più corta rispetto al dietro che doveva arrivare fino ai ginocchi, le maniche erano corte ed arrivavano all’avambraccio.

Ma le donne romane di epoca imperiale adoperavano biancheria intima piuttosto ricercata e sexy.

Sotto la tunica, di solito, le signore indossavano sempre una fascia subligaris o mammillare (reggiseno) che il poeta Ovidio consigliava di imbottire in caso di seno molto piccolo (praticamente, l’antenato del moderno push-up); per la parte bassa invece, c’era il subligar, uno slip molto sgambato.

Questi stessi indumenti intimi venivano usati negli stabilimenti termali, poiché rappresentava la tenuta più adatta e comoda per le donne che amavano fare il bagno in piscina o dedicarsi agli esercizi di ginnastica che si svolgevano nelle apposite palestre.

Con il passare del tempo, un capo d’abbigliamento quanto mai maschile come le bracae finì con il dare il nome all’indumento intimo femminile per eccellenza: le “braghe” (o mutandine), a significare che, dopo gli uomini, anche le donne cominciano ad indossare tale capo di vestiario. Tuttavia il concetto attuale di biancheria intima era ancora del tutto sconosciuto tra le donne della Roma classica. Esse infatti potevano indossare una specie di “reggiseno” chiamato stophium, cingendosi il petto con una fascia (fascia pectoralis), o tenendolo sollevato con una cintura (zona) sistemata alla base del seno stesso, come molti secoli dopo avrebbe fatto Giuseppina Bonaparte, ma sarebbe passato comunque del tempo prima che anche la tunica interna o subucula (sottoveste), indossata in principio sia dagli uomini sia dalle donne, si trasformasse in corpetto.

La tunica femminile per antonomasia era la stola, diversa da quella maschile perchè aveva le maniche lunghe ed arrivava fino ai piedi. Essa rappresentava, prima di tutto, un simbolo di castità. Il corredo d’indumenti femminili si differenziava da quello maschile soprattutto per la varietà dei colori. Nell’Arte di Amare, (III, 170-194), il poeta Ovidio dava lezioni alle giovinette proprio su questa varietà cromatica. In ogni caso, e nonostante le differenze sociali, le matrone e le prostitute condividevano una vera e propria ossessione: il gusto per l’ornamento e l’acconciatura. La mentalità romana, fortemente legata al pensiero giuridico, distinse ciò che era sostituibile, ovvero gli ornamenti e gli accessori, da ciò che era ereditabile e patrimoniale, in particolare l’oro e la porpora.

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