MANCA POCO PIU’ DI UN MESE AL “PALIO DI BUTI”. ANCHE I MEDIA NAZIONALI HANNO DEDICATO DEGLI “SPECIALI” INTRODUTTIVI ALL’EVENTO…

L'Eco del Monte e del Padule 16 Dicembre 2013 0
MANCA POCO PIU’ DI UN MESE AL “PALIO DI BUTI”. ANCHE I MEDIA NAZIONALI HANNO DEDICATO DEGLI “SPECIALI” INTRODUTTIVI ALL’EVENTO…
ALCUNE TESTIMONIANZE TRAMANDATE ORALMENTE FIN DALLA NOTTE DEI 
tempi suggeriscono che già il 14 Gennaio 1805 si svolse a 
Buti la prima Festa di Sant'Antonio abate (patrono degli 
animali) con tanto di “banda cittadina, cavalli ed un 
comitato di Festaioli. 
I pochi atti ufficiali scampati alle offese del tempo datano 
addirittura al 1848, in pieno Risorgimento, una corsa di 
"cavalli di prima forza a fantino, con premio al vincitore di 
Zecchini dodici". 
Una tradizione antica come poche quindi, che affonda le sue 
origini nelle tradizioni stesse del paese (non come altre, 
pur lodevoli, iniziative quasi esclusivamente commerciali ed 
ammantate da risibili faziosità interne frutto di artifizi 
costruiti a tavolino). E' proprio la tradizione a porre il 
“Palio di Buti” su un livello del tutto eccezionale nel 
novero degli eventi storici dell'intero stivale. 
Nella tradizione affondano anche alcune tra le tante 
peculiarità che rendono la gara unica nel suo genere. 
Il percorso si snoda rettilineo per tutti i circa 750 metri 
lungo la SP 38 che attraversa il paese (e non in maniera 
circolare, su un circuito come, ad esempio il “Palio 
di Siena” si corre in èpiazza del Campo) perchè Buti, 
arroccata alle pendici del Monte Serra, manca di una 
piazza sufficientemente ampia ad ospitare una corsa 
di cavalli; la scelta degli stessi è fatta tra purosangue 
bardati di tutto punto e non tra mezzosangue montati 
“a pelo”, rendendo la “carriera” butese una via di mezzo 
tra un palio tradizionale ed un “derby” britannico. 
Tra tanta passione, campanilismo e voglia di vincere 
il cencio, è la “trippa” a farla veramente da padrona. 
Intendiamo proprio la specialità culinaria saporitissima 
e fatta di ingredienti poveri (frattaglie di mucca) che 
ne testimoniano la storicità.
La domenica del palio (quella immediatamente successiva al 
17 gennaio, festa di Sant'Antonio) ogni butese consuma la sua 
prima colazione a base di trippa e vino rosso, in omaggio ai 
pasti dei vecchi carrettieri (i cosiddetti “barrocciai”) che 
avendo bisogno di qualcosa di nutriente e sostanzioso al 
rientro da una notte invernale trascorsa in giro per mezza 
Toscana per il trasporto dei prodotti tipici (corbelli, olio 
e castagne), facevano riscaldare alle consorti la cena della 
sera prima (la “trippa alla butese”, appunto) e se la 
“pappavano con sommo gusto e schioccar di labbra”. 
Il 15 dicembre del 1960 nasce il palio moderno: 
il manifesto affisso dall'Amministrazione 
Comunale recita "Buti sarà diviso in sei contrade , ognuna 
delle quali farà capo ad una delle sei Chiese di cui il paese 
si onora”: Chiesa di S. Giovanni Battista (contrada Pievania) 
Chiesa di San Francesco (Contrada San Francesco), Chiesa di 
San Rocco (San Rocco), Chiesa di Santa Maria della Neve 
(Contrada Ascensione), Chiesa di San Nicolao (Contrada San 
Niccolao), Cappella delle Case Popolari (Contrada La Croce), 
cui nel 1980 fu annessa la Contrada di San Michele (Chiesa di 
San Michele Arcangelo). Una terra che ha forgiato personalità 
forti tali da dar vita a ben sette contrade in un centro di 
dimensioni ridotte (l'intero comune non arriva a 8000 anime), 
tanto che la gara appare come mero atto conclusivo di un 
intero anno passato in attesa dell'evento, comunque trascorso 
dai butesi in solidarietà e forte senso di appartenenza ad 
un territorio coeso e solidale. 

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