IL POTERE – di Fernando De Pascalis

L'Eco del Monte e del Padule 10 Settembre 2014 0
IL POTERE – di Fernando De Pascalis

IL POTERE

(Fernando De Pascalis)

Non so dire da quanti anni l’altalena facesse parte del giardino della nonna, probabilmente c’era già prima che io nascessi. È legata tra un pino e un olivo molto antico, entrambi hanno tronchi di notevole diametro, tali che le mie braccia non riescono a cingere; ed anche in altezza sono notevoli, non riesco a vederne la fine. Nelle notti ventose il vento gremisce attraversando le loro alte e fitte fronde, sembra raccontare qualcosa, producendo un suono raccapricciante che, anche in un’abitazione perfettamente chiusa, si fa sentire.

E questa è proprio una di quelle tipiche serate autunnali, anzi siamo alla fine d’ottobre ma sembra che si siano scatenate tutte le forze invernali della natura. Un gelido vento con raffiche epocali, una pioggia battente con goccioloni grossi e di direzione quasi orizzontale, un cielo nero senza luna né stelle. Un inferno…

Tre faretti sono accesi lungo il vialetto di accesso dell’abitazione in via delle Fosse, quasi all’altezza dell’intersezione con l’Argine Traverso, mentre il vento infuria in giardino, generando ombre insidiose…

E l’altalena? Il vento la trascina fendendo l’aria, un’ombra veloce, inquietante, sfuocata e ripetitiva che si muove sul pavimento del patio.

In soggiorno, seduto su un divano di fronte al televisore sintonizzato sulla CNN e con volume azzerato, io, un bambino di nove anni, sono solo e piango. Di sottofondo in casa sento molteplici spifferi, forse dovuti al tiraggio del camino in sala, crepitii insistenti, provocati dalla pioggia battente su infissi e porte, qualcosa che ogni tanto sbatte violentemente, forse una persiana preda del vento, tutto a incutere terrore in una giovane creatura come me…

Poi, all’improvviso, tutti i rumori: vento, pioggia, persiana, svaniscono e tutto è immerso nel silenzio.

Sono ancor più terrorizzato da ciò: mi ritrovo a piangere ancora più insistentemente; chiamo – “mamma, papà, dove siete?” – ma nessuno mi sente; le lacrime mi bagnano oramai le mani, non riesco ad asciugarle ma nessuno mi vede, mi sente… Mi hanno forse abbandonato?

Mi sporgo dal divano e vedo dietro l’angolo del piano cottura, in cucina, un piede che spunta, immobile, in posizione verticale, l’alluce rivolto verso l’alto, una macchia di color cremisi sul pavimento mi fa capolino … e intanto, nel silenzio più atroce, una campana batte dei lenti rintocchi: stasera si distinguono bene a causa del vento, sembra che le campane siano subito fuori della stanza, invece è il campanile in paese, sul dietro della torre civica in piazzetta dell’Angiolo. In assenza di altri rumori, questi tocchi sembrano terribili. Li conto: uno, due, … , arrivo a nove.

Papà mi ha insegnato e me lo ricorda spesso: se non hai un orologio con te e senti i tocchi delle campane, basta contarli per conoscere l’ora. Sono quindi le nove.

Dove sono i miei genitori? Penso intanto mentre piango… Dov’è la mamma…? Dov’è il papà? Dov’è la nonna, la mia dolce nonna? E piango. Nel silenzio desolato, solo i miei singhiozzi rimangono nell’aria come a dare conforto a una creatura lasciata sola…

Poor child” – dice sempre la mamma quando mi scorge in lacrime. Ma dov’è lei adesso? Dove sono tutti?

D’un tratto, dalla finestra vedo un fulmine che illumina per alcuni istanti il giardino, il vialetto, la strada e tutta la casa, immediatamente seguito da un tuono assordante che lascia tutto nel silenzio. Che strano, sembra che un muro di mattoni mi abbia isolato da tutti i rumori: non ne sento alcuno.

E anche da tutte le luci: la tv non è più accesa, il soggiorno è al buio. Tutto è al buio, anche il patio è al buio, non si distinguono più le ombre nere che entravano dalla finestra, è tutto nero…

Un improvviso vuoto avvolge tutte le cose.

In quel frangente, nel silenzio assordante della casa, sento un rumore sconosciuto, leggero, assomiglia più ad un fruscìo: sembra che qualcuno o qualcosa si stia trascinando, forse una scarpa sul pavimento. Saranno forse i genitori che rientrano dal lavoro – penso e spero: nello stesso tempo mi sforzo di distinguere qualcosa nel buio silenzioso.

No. Non è nulla di tutto ciò. All’esterno, silenzio, nessuna voce, nessun rumore d’auto, nessuno di corsa, nessuna luce, nessun lampione.

Il nulla circonda il tutto.

Un suono gutturale si diffonde nell’aria, ma non capisco la causa, il suo punto d’origine, chi o cosa lo sta generando. E se fosse un animale pericoloso?

Mentre ci rifletto, ad un certo punto non sono più preoccupato, non piango più, anzi una grande fiducia si fa strada nel mio pensiero e mi dà animo: strano, ma dopo quel tremendo boato, non ho più paura. Il mio sesto senso mi fa ritenere di aver riconosciuto qualcuno, anche se non sono ancora in grado di dire chi…

Sarà il mio cugino? Sarà il mio compagno di banco, Luigi? Sarà il mio nonno paterno? Dal suo improvviso decesso, avvenuto solo tre mesi fa mentre eravamo al mare, a volte avverto qualcosa di strano vicino a me quando sono all’aperto…

Nel buio non vedo ancora nulla, ma oramai mi sono tranquillizzato, anzi sorrido anche se forse non mi sta vedendo nessuno. Ma che importa?

Ecco, sento una voce: “Filippo” – dice la voce – “Filippo, come stai? Tutto bene?”

Riconosco la voce, riconosco il mio nome, Filippo sono io, sono contento e sorrido: è la nonna che mi chiama. Chissà perché prima non l’ha fatto.

Sono qui, nonna, sono qui” rispondo mentre balzo giù dal divano e le vado incontro alla cieca, costeggiando il divano e tentando di individuare l’arco di comunicazione tra il soggiorno e la cucina. Sono felice, rido di contentezza: ora io e la nonna siamo vicini, ma è sporca – osservo – sembra sporca come di sugo, è rossa sul lato destro della testa, con una mano si regge la testa.

Cosa le sarà successo? – mi chiedo.

Oh Filippo, stai bene! Sono proprio contenta – mi sussurra la nonna, mentre altri fulmini illuminano a tratti la stanza.

Mi guarda mentre osservo il lato della sua testa – Ho avuto un capogiro, ma ora sto meglio. Cosa guardi? – mi chiede. – Oh, non ti preoccupare, è solo un graffio: devo essermelo procurato mentre mi appoggiavo al piano cottura in cucina. È tutto a posto, non avverto neanche un po’ di dolore.

E mentre io e la nonna siamo insieme e stiamo parlando, di colpo, la tv si riaccende sulle news di Buckingham Palace, le luci del soggiorno s’accendono, anche quelle fuori della casa: ora fuori sono tornate anche le ombre ma non mi spaventano più, mi sento al sicuro. E, nello stesso momento, sento anche dei rumori fuori in giardino, rumore di un’auto, di ghiaia calpestata, riconosco le voci gioviali dei miei genitori che parlano mentre aprono la porta ed entrano in casa.

La mia nonna è formidabile – penso mentre il mio cuore si riempie di gioia – si è avvicinata a me e tutto si è sistemato: la tv si è attivata, le luci si sono accese, mamma e papà stanno rientrando, il vento si è fermato, la pioggia è cessata. Mi sembra tutto molto bello.

Nel mio piccolo cuore l’ho sempre saputo – continuo a pensare e lo dico a voce alta:

La mia nonna è proprio forte!”

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