ANDATA & RITORNO – FRANCESCO DE VICTORIIS

L'Eco del Monte e del Padule 9 Novembre 2014 2
ANDATA & RITORNO – FRANCESCO DE VICTORIIS

ANDATA & RITORNO

Scendo le scale a rotta di collo con l’allegro fischiettare del mio amico Marco che mi aspetta in strada, zaino in spalla e appunti sparsi sul “De Natura Deorum” e sul teorema di Bernoulli che fanno capolino dalla borsa stracolma.

Oggi è il “Gran Giorno”.

Per noi, diciottenni di belle speranze e dal futuro incerto, questo è il primo vero esame da affrontare.

Mamma, Babbo, amici, amici degli amici, professori, amici dei professori e chi più ne ha più ne metta, me l’hanno ripetuto fino alla noia: “Stai attento, preparati, non prendere l’esame “sottogamba”…”

Questa mattina vado a dare la “maturità”, ed è anche l’ultima volta che metterò piede su un autobus.

Non per l’ultima volta in assoluto, ci mancherebbe…

E’ un congedo alle levatacce ed ai turpi pensieri volti ad evitare l’imminente interrogazione, un addio alla predellina che sbuca sotto le porte a soffietto, un saluto alla pioggia e al vento che hanno accompagnato le nostre camminate affannate di pendolari nei tragitti casa-fermata dell’autobus, fermata dell’autobus-scuola e viceversa.  

Per questo giorno così importante, per il viaggio più significativo nelle nostre ancor giovani ed acerbe vite, abbiamo preferito di concerto il pullman, Marco ed io.

Ed assieme a noi, compatti, coesi ed omogenei come un vero “team”, anche Beppe, il Lupo, Occhibelli e Pettinagrilli, nostri fidati compagni di avventura.  

Non sarà dei nostri Carletto, caduto a fronte di un’evidente idiosincrasia al “Fedone”, alle Nuvole  di Aristofane ed alle immortali imprese di Carlo V. E nemmeno il Puccia, arresosi ancor prima alla scomodità degli stressanti e cervellotici spostamenti mattinieri, preferendo dopo soli due anni di pullman la quiscenza intellettiva delle “scuole del disegno”… 

Cinque anni trascorsi sull’autobus Cascina/Pontedera A/R sono stati indimenticabili e suggestivi. Sono stati belli e sempre lo saranno. 

Le facce assonnate e sobbalzanti dei piaggisti, gli sprint del Giovannini che ogni giorno rincorreva la corsa delle 7 e 20, le intemperanze e le urla di Guidino sbattuto fuori per un orecchio e in malo modo dall’autista, i mucchi selvaggi e le prove di forza alla ricerca di un posto a sedere, le prime fuggevoli e inesperte “tastate” alla vicina procace che ti fulminava con lo sguardo, altera ma appagata dal suo ancora intonso sex-appeal…

Cinque anni di sveglia antelucana per 6 giorni su 7, 40.000 minuti di tragitto talvolta noioso, elettrizzante o foriero di adolescenziali preoccupazioni, ma ogni volta diverso dal giorno precedente, ed oggi pieno di speranze, di sogni, di aspettative.

Alle 13:30 del 7 luglio 1985 tornerò “maturo”, ed il viaggio in pullman mi sembrerà leggero, soave, cristallino.

Potrò guardare negli occhi il controllore e dirgli finalmente:

“Da domani il mio abbonamento è scaduto, da domani mi abbono alla vita”.

 

—-

Salgo sul bus delle 7:20 del mattino per la prima volta dopo 30 anni. Accompagno mio figlio a scuola, con l’auto in panne, ferma da due giorni in officina.

Maneggio a lungo col biglietto da timbrare in un’obliteratrice dove troneggia la sigla CPT – non ACIT, mi stupisco -, e Leonardo mi istruisce con la stessa identica comprensione e benevolenza di quando io gli insegnavo ad andare in bici da piccolino.

L’autista è imboscato in una gabbia in pexiglass antiurto, antirumore ed antiaggressione – “Per evitare che qualche “bullo” lo disturbi” – mi illumina Leo. A bordo non c’è nessun controllore.

Silenzio, sguardi spenti ed orecchie immerse nelle cuffie degli smartphone.

Nemmeno una “Gazzetta”, non una voce che gridi allo scandalo perchè la Juventus ha rubato un’altra volta, contro il sindacato che non protesta contro la mensa aziendale o sia ripristinata la “pausa sigaretta”, non un apprezzamento sulle “puppe” della segretaria dell’ingegner Montorzi e sulle cosce tornite della prof di francese… 

Niente di niente.

“I piaggisti saranno in sciopero” ho provato ad illudermi, “gli studenti, idem”.

– No, guarda, i “piaggisti”, come li chiami te, non prendono più il pullman delle 7:20 – mi ha aggiornato Leo – Quei pochi che ancora lavorano vengono in macchina… E noi studenti abbiamo cose più importanti a cui pensare -.

Imploro con lo sguardo qualcuno che mi ceda il posto mentre mi concedo una fuggevole smorfia di dolore: l’ernia mi tormenta ad ogni cunetta o ad ogni buca “beccata” dal pullman, il ginocchio operato mi duole come sempre ad ogni cambio di stagione, sarà l’umidità novembrina, probabilmente è l’età…

Occhi fissi sugli schermi dei cellulari, nessuno che fiati, nessuno che si muova o che alzi lo sguardo.

Mi riecheggia in mente l’ammonimento di Leonardo: “Noi studenti abbiamo cose più importanti a cui pensare…”

Mi risveglia un colpetto sulla spalla, mi giro ed un tizio si alza dal sedile guardandomi negli occhi.

E’ un sorriso ben noto che mi riappacifica con la corsa delle 7 e 20:

Lo so che ti dòle la schiena, mettiti a sede’ qui, “vecchio segaiolo”…

Il Giovannini ce l’ha fatta anche stavolta.   

Francesco De Victoriis

2 Comments »

  1. Antonio Nesti 7 Maggio 2016 at 13:11 - Reply

    I miei complimenti a Francesco. Che Dio gli guidi sempre la mano che stringe la penna. La qualita’e la fresca bonta’ narrativa mi hanno impressionato e reso felice di averti incontrato. Antonio Nesti, globetrotter

    • L'Eco del Monte e del Padule 7 Maggio 2016 at 14:09 - Reply

      Grazie Antonio, grazie 1000. Prova a leggere “I sogni maledetti” poi ne ho un altro scritto un annetto fa che si intitola “Un’anima in pena” che a me piace un casino. Prima o poi te lo porto…
      Fra

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