RINASCE IL LAGO SEXTUM. LE ABBONDANTI PRECIPITAZIONI HANNO TRASFORMATO IL PADULE DI BIENTINA NEL LAGO CHE FU.

L'Eco del Monte e del Padule 28 Marzo 2013 0
RINASCE IL LAGO SEXTUM. LE ABBONDANTI PRECIPITAZIONI HANNO TRASFORMATO IL PADULE DI BIENTINA NEL LAGO CHE FU.

Le piogge cadute abbondanti sul finire dell’inverno hanno sicuramente causato problemi non indifferenti ai più svariati settori dell’economia locale, come anche hanno provocato numerosi dissesti logistici ed idrogeologici, ma hanno anche catapultato indietro nel tempo di oltre un secolo e mezzo chi ha avuto modo di assistere al risorgere del Lago di Bientina, quel lago di Sesto (Sextum) la cui toponimia deriva dall’antico castello lungo la via Francigena costruito proprio all’altezza della sesta pietra miliare venendo da Lucca.

Fu infatti nel lontano 1859 che Alessandro Manetti assunse la direzione dei lavori svolti per volere del Granduca Leopoldo II di Lorena, e su progetto dello stesso Manetti anche “il chiaro” del padule fu definitivamente prosciugato con la costruzione del canale Emissario (che con un ingegnoso sistema a sifone sottopassa l’Arno) facendo sparire lo specchio d’acqua che con la sua superficie di 14 miglia toscane quadrate rappresentava il più grande lago del Granducato.

Con le recenti precipitazioni quel lago sembra essere rinato, tanto che per chilometri e chilometri, da Bientina fino alla Lucchesia (Porcari ed Altopascio), i campi sono invasi dall’acqua alta anche fino a due/tre metri, consegnando alla vista di chi percorre la provinciale numero 3 (l’interminabile rettilineo “del Padule”) o la Statale 439 del Tiglio (il lungomonte Bientina-Lucca), uno spettacolo inusuale ed affascinante, la rinascita di un intero ecosistema fra i più belli e caratteristici dell’intero bacino del Mediterraneo. Una delizia per gli occhi di chi ama certi scenari di una bellezza unica e selvaggia, temporaneamente disponibili a pochi minuti di auto dal turbinio della vita di tutti i giorni.

Purtroppo l’impatto della società del XXI secolo è avvertibile nelle vere e proprie discariche a cielo aperto che punteggiano con una regolarità disarmante i dintorni dell’invaso. Lavatrici, televisori, materassi e mobilia abbandonata… Un habitat ben strano per la fauna lacustre tornata almeno temporaneamente a frequentare massicciamente “il padule”, ma che non può e non dovrebbe negare agli appassionati il piacere di una visita probabilmente irripetibile per chissà quanto altro tempo di questo sito troppo a lungo dimenticato. L’augurio è che l’occasione offertaci dall’inclemenza meteo di questi inizio di marzo possa servire da sprone per le autorità competenti e responsabili della salvaguardia della zona a fare ancora meglio di quanto fatto sino ad ora. 

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