“THANKSGIVING DAY” E LA GRAZIA AL TACCHINO: UNA TRADIZIONE AMERICANA…

L'Eco del Monte e del Padule 28 Novembre 2013 0
“THANKSGIVING DAY” E LA GRAZIA AL TACCHINO: UNA TRADIZIONE AMERICANA…

La tradizione americana di festeggiare il “giorno del ringraziamento” – Thanksgiving Day(negli USA il quarto giovedì di novembre, in Canada il secondo lunedì di ottobre), risale a tradizioni religiose di cui i padri pellegrini americani erano profondamente intrisi, elevare un ringraziamento a Dio per i doni inviati ai suoi figli in maniera da far loro superare l’inverno. In realtà, se non fosse stato per l’aiuto delle popolazioni native americane, per le loro istruzioni sul come coltivare la terra, quali sementi utilizzare, quali animali cacciare, ma soprattutto per l’aiuto consistente in abbondanti derrate con le quali fu possibile allestire il primo pranzo del Ringraziamento, i coloni sarebbero con ogni probabilità deceduti per indedia e per freddo nel corso del secondo inverno trascorso in America. Per tutto “ringraziamento”, applicando il medesimo fanatismo che già li aveva resi indesiderati in Inghilterra tanto da costringerli alla fuga, nel giro di qualche decennio i discendenti dei padri pellegrini diedereo atto al genocidio sistematico degli appartenenti alla Nazione Indiana (memorabile la frase pronunciata dal Generale Philip Sheridan nella seconda metà del 1800: “l’unico indiano buono è quello morto”). Ma questa è un’altra triste e drammatica storia che necessiterebbe di approfondimenti ulteriori…

L’argomento del presente articolo è: IL PRESIDENTE AMERICANO E LA GRAZIA AL TACCHINO, gentilmente suggerito ed offerto da un nostro affezionato lettore e concittadino residente negli USA (e del quale non citiamo le generalità per questioni connesse alla privacy, ma che potrà contattarci per autorizzare la citazione nel caso che si riconosca nell’articolo).

Come la maggior parte delle tradizioni Americane, anche quella della grazia presidenziale al tacchino per il giorno del rinfgraziamento è imbevuta di misteri e leggende. Questa tradizione non e’ tanto remota come si potrebbe pensare, tanto che la sua nascita formale – con tanto di cerimomia – risale al quadriennio di George Bush sr. (1988-1992). Più precisamente correva l’anno 1989 quando il Presidente Bush utilizzò per la prima volta l’espressione PARDON nel senso di “perdono”, grazia in senzo giuridico.

Negli anni precedenti la cerimonia era una era una semplice presentazione e spesso il povero tacchino finiva ugualmente nel forno.

 

Già nel 1863 Abram Lincoln, per accontentare il figlio Ted salvò il “tacchino presidenziale”, battezzato in seguito Jack dal figlio che amava portarlo al guinzaglio in giro per i giardini della casa Bianca.

 

Il president Truman (quello delle bombe su Hiroshima e Nagasaki), sosteneva di essere stato il primo a salvare un tacchino nel 1947, ma della notizia non appare traccia nelle fonti reperibili; né foto, né articoli di giornale, né alcun tipo di documentazione. Bugia Presidenziale per influenzare i “media” ??? Mah….

 

Anche il presidente John F. Kennedy provò entrare nella tradizione salvando un tacchino il 19 novembre 1963, solo tre giorni prima di essere assassinato a Dallas. Il tacchino graziato fu rispedito alla fattoria da dove proveniva con la frase “We’ll just let this one grow” (Questo almeno, lasciamolo crescere…)

 

I tacchini graziati venivano inizialmente mandati nel grande parco di Disneyland (California). E solo in seguito nelle fattorie della Virginia.

Quest’anno “POP CORN” (cosi’ e stato battezzato il tacchino salvato dal presidente Obama) andra nella tenuta di Mount Vernon.

 

Questi tacchini comunque, appaiono più adatti ad essere mangiati che “graziati”, visto che solo uno dei volatili salvati da Obama nell’arco della sua presidenza è vissuto tanto da arrivare vivo e vegeto al Thanksgiving Day dell’anno successivo.

 

A dimostrazione dell’enorme popolarità e tradizione del “giorno del ringraziamento” negli Stati Uniti, basti pensare che nel 2013 nel paese si sono allevati quasi 250 milioni di tacchini (quasi uno a testa). Alla faccia della fame nel mondo…”

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